
E’ invalsa, in determinati contesti lavorativi, l’abitudine di utilizzare i permessi per malattia per svolgere attività personali, come accompagnare un familiare dl medico, seguire lavori di ristrutturazione in casa, disbrigare pratiche burocratiche. In sostanza si tratta di casi di falsa malattia, che però sono disciplinati dalla nostra normativa e soprattutto sono stati oggetto di sentenze da parte della giurisprudenza.
Ma cosa rischia un lavoratore dipendente che si assenta per una malattia che si rivela falsa? In sostanza, se il datore di lavoro scoprisse questo comportamento, che provvedimenti disciplinari potrebbe adottare nei confronti del proprio dipendente? Vediamolo insieme.
Comunicare la malattia
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Come ben sanno tutti i dipendenti, colui il quale si assenta dal posto di lavoro per malattia deve indicarlo nel più breve tempo possibile al datore di lavoro, secondo forme e tempi indicati nel contratto collettivo nazionale di categoria di riferimento.
Il lavoratore, inoltre, deve sottoporsi a visita medica affinché il venga redatto il certificato da trasmettere all’Inps e al datore di lavoro per una eventuale verifica, la famosa visita “fiscale”. E’ pacifico (ma ribadito sia dal legislatore, sia dalla giurisprudenza), che il dovere del dipendente sia quello di non fingersi malato.
Nel certificato medico, quindi, non solo deve essere indicata una causa di assenza veritiera, ma che sia effettivamente tale da impedire la prestazione lavorativa.
Il dipendente, infine, ha l’obbligo di essere reperibile nelle fasce orarie indicate dalla legge per essere sottoposto all’eventuale accertamento medico da parte di ispettori dell’Inps. Per il settore privato, la visita del medico “fiscale” può avvenire tra le ore 10 e le 12, oppure tra le ore 17 e le ore 19.
Nel pubblico impiego le fasce sono dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Tale reperibilità è valida anche nei giorni festivi; la visita può essere effettuata più di una volta nello stesso giorno. Al di fuori delle fasce orarie in cui potrebbe essere sottoposto a controllo, il dipendente non può uscire, se tale comportamento rischia di compromettere il rapido decorso della malattia e di conseguenza la guarigione.
In quest’ultimo caso si dovrà verificare se i sintomi o la malattia lamentata siano compatibili con le attività svolte dal dipendente dopo la reperibilità. Per esempio, chi ha un braccio ingessato può fare una passeggiata fuori casa.
Conseguenze dell’utilizzo del permesso per falsa malattia
Numerose sentenze, a cominciare dalla Cassazione, hanno più volte ribadito che sia le assenze, sia i permessi non possono essere utilizzati per scopi che non siano quelli previsti dalla legge. La Suprema Corte, inoltre, ha chiarito che tra causa dell’assenza e ciò che è stato comunicato al datore di lavoro ci deve essere corrispondenza.
Non è ammesso mentire. Se il datore di lavoro dovesse scoprire che il lavoratore assente per malattia ha ingannato l’impresa? Si tratta di un comportamento considerato talmente grave da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia esistente tra lavoratore e azienda. E non è solo un orientamento delle aziende, ma dei giudici.
La falsa malattia, quindi, può portare ad un licenziamento per giusta causa: vale a dire ad un allontanamento dal luogo di lavoro senza neanche bisogno di preavviso, contrariamente al licenziamento per giustificato motivo, che arriva al termine di una serie di provvedimenti disciplinari sempre più sanzionatori.
Detto ciò, occorre anche precisare che i giudici hanno sempre valutato il caso concreto, nonché le ragioni che hanno spinto il lavoratore ad assentarsi, mentendo. Ciò significa che solo nei casi più gravi (falsa malattia per andare ad un concerto) il datore di lavoro sanzionerà il lavoratore col licenziamento.
Se il lavoratore si è assentato per curare un familiare malato o moribondo, la sanzione dovrà essere più mite. Per scoprire la falsa malattia il datore di lavoro può inviare la visita fiscale al dipendente assente, oppure effettuare delle indagini tramite investigatori privati
Il ruolo delle indagini nei licenziamenti per malattia
A volte, proprio per scongiurare il pericolo di una condotta errata dovuta anche al prolungamento della malattia e quindi per evitare il licenziamento per malattia prolungata, il datore di lavoro decidere di far fare delle indagini per false malattie o presunte tali.
Si può licenziare un dipendente in malattia? La risposta è affermativa e in questo senso il ruolo delle indagini è molto importante. Il datore di lavoro ha il diritto di tutelare i propri interessi, accertandosi della veridicità su ciò che ha dichiarato il lavoratore.
Infatti a volte la malattia di un dipendente privato, specialmente quando si tratta di una malattia oltre 180 giorni, può mettere in difficoltà l’organizzazione stessa aziendale.
Quindi il datore di lavoro può rivolgersi ad un’agenzia di investigazioni privata per far svolgere delle indagini di controllo.
Come agisce un investigatore privato
L’investigatore, dovendo indagare su eventuali licenziamenti per malattia, deve acquisire tutte le informazioni che riguardano il soggetto che viene sottoposto all’indagine.
Quindi si occupa di reperire alcune informazioni importanti, come i suoi dati anagrafici, i suoi turni di lavoro e l’eventuale posizione all’interno dell’azienda.
Poi l’investigatore può agire con degli appostamenti o dei pedinamenti, in modo da acquisire anche del materiale fotografico, audio e video utile a ricostruire i comportamenti del lavoratore.
In questo modo si può dimostrare per esempio che, pur dichiarandosi malato, il dipendente svolga delle attività che non sono compatibili con la sua condizione di malattia.
A volte può capitare anche che ci siano gli estremi per licenziamenti per malattia, se il dipendente utilizza la scusa della falsa malattia per dedicarsi ad un secondo lavoro non autorizzato.
Alla fine l’investigatore mette a punto una relazione finale che viene consegnata al datore di lavoro.
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